Louis Bromfield : Autunno

Q uando lo sguardo si posa per la prima volta sulla copertina di Autunno , dello scrittore americano Louis Bromfield , a catturare l'attenzione non sono né il titolo - di per sé piuttosto banale - né il nome dell'autore - ai più pressoché sconosciuto - bensì la graziosa illustrazione realizzata in origine da Pierre Brissaud per la rivista parigina La Gazette du Bon Ton , in cui sono ritratte alla perfezione tutte le sfumature della stagione autunnale: i caldi colori della natura che muta aspetto, il soffio sottile e persistente dei primi venti settembrini, e il palpabile velo di malinconia che pervade il periodo dell'anno in cui cadono le foglie, quasi a suggerire un'analogia - implicita eppure percettibilissima - con la vita che scorre inesorabile verso l'epoca della maturità , tra i rimpianti per un'esistenza ormai trascorsa e l'impossibilità di recuperare il tempo perso. D'altro canto è proprio così che andrebbe interpretato quell' Autunno -

Mary Webb: Prezioso veleno.
Storia di una ragazza dello Shropshire e di un talento negletto.

“Il passato non è che il presente diventato invisibile e muto; i suoi sguardi reminiscenti e i suoi sussurri sono infinitamente preziosi. Siamo il passato di domani. In questo stesso istante stiamo scivolando via come le immagini dipinte sul quadrante animato degli orologi antichi.”

È nella potenza evocativa di immagini come queste, semplici ed eloquenti al tempo stesso, che risiede tutta la bellezza di Precious Bane, e non è un caso che, a lettura conclusa, ciò che resta scolpito nella memoria, prima ancora della trama, siano quelle parentesi introspettive in cui il fascino senza tempo del paesaggio naturale si coniuga con le più intime riflessioni dell'essere umano.
Sembra proprio di vedersele dinanzi le campagne delle Midlands immortalate sulla pagina: così reali, con i loro profumi e le infinite sfumature cromatiche, che leggendone la descrizione si ha quasi l'impressione di osservare un dipinto ad acquerello prender vita sotto ai propri occhi, tra i colori tenui e rassicuranti delle scene di vita rurale e le tinte cupe e sinistre, presaghe di tragedia.
Mary Webb - al secolo Gladys Mary Meredith - era cresciuta là, in quelle terre dove la vita era scandita dal ritmo delle stagioni; dove la salvezza di un'anima dipendeva dal sacrificio dei "mangiatori di peccati" pronti ad addossarsene le colpe; dove il pur radicato sentimento religioso, appannato dall'ignoranza, si confondeva pericolosamente con le più fosche superstizioni, trasformando troppo spesso degli sventurati innocenti nei capri espiatori di un'intera società.

Autentica luce, tra le nebbie di questo primitivo scenario, è la figura di Prue Sarn: figlia devota di una madre debole e superstiziosa; sorella amorevole di un fratello avido ed egoista; fanciulla operosa, altruista e assetata di vita, a cui la sorte - o per meglio dire la meschinità umana - ha assegnato un fardello assai difficile da sopportare. Nello Shropshire d'inizio Ottocento, infatti, nascere con un labbro leporino - cosa che, secondo la credenza popolare, accadeva quando una lepre incrociava la strada di una donna incinta - significava recare in sé il segno inequivocabile della maledizione, e diventare così il bersaglio eletto dello scherno e dei pettegolezzi della gente.
Dolorosamente consapevole di essere diversa, Prue sopporta paziente gli sguardi dei curiosi, si rifugia negli amati libri, e ingoia le lacrime, ma non si rassegna a rinunciare ai propri sogni. Poco importa che i familiari le rammentino di continuo la sua disgrazia, o che coloro per cui tanto si prodiga non perdano l'occasione di ripagarla con gelida indifferenza: grazie ad una rara sensibilità e ad un'innata forza interiore, ella continua a lottare e a confidare nell'avvento di un futuro migliore.

“Io ero così sola, e avevo così tanto tempo per meditare, che grazie ai libri che potevo leggere mi sorgeva nella mente ogni genere di pensieri, come i fiori dei giunchi e i nontiscordardimè abbondano in un misero terreno paludoso, dove non cresce nient'altro.”

C'è indubbiamente qualcosa di eroico nello spirito e nella dedizione con cui Prue affronta le prove della vita, eppure, a guardarla, si faticherebbe a scorgere in lei le tipiche caratteristiche di un'eroina letteraria: non nutre grandi ambizioni, non ha una personalità particolarmente spiccata, è spesso incline a chinare il capo di fronte al dispotismo del fratello Gideon, e non brama l'indipendenza né la rivendicazione dei propri diritti di donna. Tutto ciò che ella desidera, con disarmante candore, sono le cose più semplici, quelle a cui aspirano la maggior parte delle ragazze della sua epoca: una vita tranquilla, una casetta confortevole, un marito che la ami, e dei bimbi da cullare tra le braccia.

“Correvo lungo l’acqua, comoda e leggera con le mie scarpette migliori, riflettendo su quanto avrei lavorato per procurarmi il rimedio che mi avrebbe resa bella come una fata. E subito dopo, mi dicevo, sarebbe apparso un corteggiatore, e poi sarebbero state affisse le pubblicazioni in chiesa, e dopo un altro po’ me ne sarei stata seduta in una casa mia, con un piede sulla culla e sulle ginocchia un bambino, bello e solenne, e ancora più perfetto di una di quelle bambole di cera francesi di cui avevo sentito tanto parlare ma non avevo mai visto, e che però desideravo con tutta me stessa.”
Mary Webb


Sono molte le figure che fanno capolino tra le pagine del romanzo: alcune sostanzialmente inconsistenti, altre decisamente pittoresche: come la conturbante Felena, con le sue presunte gesta scandalose, o il sedicente stregone Beguildy, uomo dai pochi scrupoli sempre pronto ad offrire la figlia al miglior offerente; a distinguersi, però, è principalmente Gideon: il personaggio più controverso e forse anche il più significativo della storia.
Instancabile lavoratore schiavo delle sue stesse ambizioni, egli si dimostra incapace di qualsiasi sentimento o azione che non sia dettata dal mero interesse materiale; gli altri sono per lui soltanto un mezzo con cui raggiungere i propri scopi o soddisfare i propri istinti, e di cui liberarsi senza alcuno scrupolo quando l'utilità viene meno o lo strumento si tramuta in ostacolo.
L'ossessione per il denaro diverrà l'unica ragione di vita del ragazzo, il "prezioso veleno" che intossicherà la sua esistenza e quella della sua famiglia, il male che gli corroderà l'anima e lo trasformerà nel simbolo di quell'ideologia - ancor oggi attualissima - dove princìpi ed esseri umani vengono calpestati, svuotati della dignità, e cinicamente asserviti alla logica del profitto.

È, in fondo, una storia vecchia come il mondo quella che Mary Webb affida alla voce narrante della stessa protagonista; una storia le cui radici affondano nelle origini dell'umanità stessa, arrivando fino alle Sacre Scritture che, non per niente, costituiscono il filo conduttore dell'intero romanzo.
Non vi è però alcun tono sermoneggiante o dogmatico nel costante riferimento agli insegnamenti biblici, né tantomeno è possibile ravvisare nella personalità di Prue alcuna traccia della religiosità vittoriana tipica di un'Anne Brontë o di un'Elizabeth Gaskell. Il sentimento religioso che permea la narrazione si traduce piuttosto di un'interpretazione della realtà alla luce di quei valori umani e morali che trascendono il tempo e la fede, esplicandosi nell'amore per la vita, nell'invito ad apprezzare le piccole grandi meraviglie del creato, nell'esortazione - attuale ai giorni nostri più che mai - alla solidarietà e alla misericordia verso il prossimo.
E proprio in virtù dell'ottica con cui ella attinge ai testi sacri e se ne serve nel corso dell'opera, si può affermare che, in un certo senso, Mary Webb abbia anticipato di circa tre decenni lo Steinbeck de La valle dell'Eden.

"The Wrekin from Coalbrookdale, Shropshire" - W.H. Gates















Il romanzo, rustico come il paesaggio dello Shropshire, ha indiscutibilmente i suoi limiti: dagli occasionali - e per me piuttosto irritanti - richiami al pensiero calvinista, che identifica l'uomo come un'inerme marionetta nelle mani di Dio, assolvendolo perciò da ogni responsabilità per i propri misfatti, all'eccessivo risalto dato, in alcuni frangenti, al valore simbolico del testo, che a tratti pare quasi mettere la trama in secondo piano.
Tuttavia, la vera particolarità dell'opera - che, a seconda del punto di vista, può intendersi tanto come un pregio quanto come un difetto - è quella singolare attitudine dell'autrice ad oscillare costantemente tra fiaba e tragedia, passando così dal sentimentalismo dei più classici innamoramenti a prima vista, ad un'inesauribile sequela di sventure sempre pronta ad abbattersi sui personaggi, senza però rinunciare a soluzioni provvidenziali e - tanto per non farci mancare niente - perfino all'immortale figura del principe azzurro (o aspirante tale) in groppa al suo destriero.

Pressoché ignorato al tempo della pubblicazione, e successivamente rivalutato grazie all'apprezzamento dell'allora Primo Ministro inglese Stanley Baldwin - che definì la Webb un "genio dimenticato", e collaborò alla riedizione del suo romanzo - Prezioso veleno racconta con nostalgia ed un pizzico di affettuosa ironia una vicenda in cui realismo e leggenda paiono compenetrarsi, mentre l'influsso di Thomas Hardy e George Eliot - evidenti fonti d'ispirazione per l'autrice - pervade l'intero romanzo.
Certamente la prosa della Webb non ha la ricercatezza o lo spessore di quella dei suoi illustri predecessori, eppure, nell'elegante semplicità del suo linguaggio, ella riesce a creare scene di rara intensità - una su tutte, lo spettacolo della metamorfosi delle libellule tra le acque dello stagno - e a raggiungere sorprendenti vette di lirismo, confermandosi una scrittrice che, per sensibilità e capacità di raccontare i sentimenti umani, ha davvero ben poco da invidiare ai più grandi nomi della letteratura di ogni tempo.

“Un piacevole calore mi circondava e, come un dono regale, il profumo del grano si spandeva dappertutto. Quale altro odore è paragonabile a quello? Contiene in sé così tante altre cose oltre alla dolcezza! Contiene l'estate e il gelo, l'acqua e l'essenza della pietra che il grano ha succhiato dentro il suo stelo vuoto, e infine il pane e la vita per gli uomini e le bestie.”

Commenti

Post popolari in questo blog

Daphne Du Maurier: Mia cugina Rachele

Thomas Hardy: Nel bosco.
The Woodlanders o “sulla volubilità umana”.

Edith Wharton: Estate