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Visualizzazione dei post da ottobre, 2018

Louis Bromfield : Autunno

Q uando lo sguardo si posa per la prima volta sulla copertina di Autunno , dello scrittore americano Louis Bromfield , a catturare l'attenzione non sono né il titolo - di per sé piuttosto banale - né il nome dell'autore - ai più pressoché sconosciuto - bensì la graziosa illustrazione realizzata in origine da Pierre Brissaud per la rivista parigina La Gazette du Bon Ton , in cui sono ritratte alla perfezione tutte le sfumature della stagione autunnale: i caldi colori della natura che muta aspetto, il soffio sottile e persistente dei primi venti settembrini, e il palpabile velo di malinconia che pervade il periodo dell'anno in cui cadono le foglie, quasi a suggerire un'analogia - implicita eppure percettibilissima - con la vita che scorre inesorabile verso l'epoca della maturità , tra i rimpianti per un'esistenza ormai trascorsa e l'impossibilità di recuperare il tempo perso. D'altro canto è proprio così che andrebbe interpretato quell' Autunno -

Daphne Du Maurier: Rebecca la prima moglie

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“Last night I dreamt I went to Manderley again.” T ornare a Manderley , l'amatissima Manderley, varcare ancora una volta la soglia, ed essere di nuovo a casa, come allora... Ma poi sopraggiunge il giorno, e con esso i ricordi, la malinconia, l'inesorabile certezza che ormai Manderley non esiste più, che di tutta la sua bellezza non restano che le spoglie, le fredde rovine inghiottite dai rovi e dall'oblio... Con queste memorabili immagini, sospese tra sogno e realtà, ha inizio Rebecca , il romanzo più famoso di Daphne Du Maurier, perla della letteratura del Novecento, consacrata all'immortalità, nel 1940, dalla celebre trasposizione di Alfred Hitchcock, dove una giovanissima Joan Fontaine ed un tormentato Laurence Olivier, vestivano impeccabilmente i panni dei protagonisti. Pare proprio di vederla Manderley, quella sfarzosa tenuta sulle coste della Cornovaglia, con i sentieri fioriti, l'imprescindibile rito del tè delle cinque, i pomeriggi estiv

Rebecca West: Il ritorno del soldato.
La solitudine di un'anima smarrita nel proprio passato.

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A lla maggior parte dei lettori italiani, il nome di Rebecca West probabilmente non dirà molto; eppure, dietro a quello pseudonimo mutuato dall'eroina del Rosmersholm di Ibsen, si cela una delle personalità intellettuali più vivaci ed eclettiche del XX secolo. Attrice, giornalista, scrittrice, critica letteraria, autrice di apprezzati reportage, nonché attivista del movimento delle suffragette, Cicely Isabel Fairfield - questa la sua vera identità - si distinse, tra le altre cose, per essere stata la prima donna a pubblicare, nel lontano 1918, un romanzo sulla Prima Guerra Mondiale. Rebecca West In realtà è doverosa una precisazione: sebbene il titolo possa trarre in inganno, infatti, The Return of the Soldier , che della West fu anche l'opera d'esordio, non è un romanzo di guerra: il conflitto, presente in quei giorni tanto nella mente quanto nel vissuto quotidiano della gente, diviene essenzialmente lo sfondo su cui si consuma il dramma di una vita infeli

Mary Webb: Prezioso veleno.
Storia di una ragazza dello Shropshire e di un talento negletto.

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“Il passato non è che il presente diventato invisibile e muto; i suoi sguardi reminiscenti e i suoi sussurri sono infinitamente preziosi. Siamo il passato di domani. In questo stesso istante stiamo scivolando via come le immagini dipinte sul quadrante animato degli orologi antichi.” È nella potenza evocativa di immagini come queste, semplici ed eloquenti al tempo stesso, che risiede tutta la bellezza di Precious Bane , e non è un caso che, a lettura conclusa, ciò che resta scolpito nella memoria, prima ancora della trama, siano quelle parentesi introspettive in cui il fascino senza tempo del paesaggio naturale si coniuga con le più intime riflessioni dell'essere umano. Sembra proprio di vedersele dinanzi le campagne delle Midlands immortalate sulla pagina: così reali, con i loro profumi e le infinite sfumature cromatiche, che leggendone la descrizione si ha quasi l'impressione di osservare un dipinto ad acquerello prender vita sotto ai propri occh

“In nome del Cielo, perché il Nido delle Cornacchie?”

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S e ripenso agli anni della mia infanzia, una delle prime cose che mi tornano in mente è il ricordo ancora vivido e nostalgico di tanti piccoli dettagli della vita quotidiana: i rintocchi del campanile allo scoccare del mezzogiorno; l'eccitante trepidazione di fronte a un dono da scartare; l'aroma di vaniglia all'ingresso della mia gelateria preferita; la sensazione della sabbia umida in certe piovose mattine d'estate, quando, osservando il mare plumbeo e burrascoso, mi perdevo a immaginare avventure misteriose, o a progettare storie avvincenti che poi non avrei mai scritto. È curioso come, da bambini, basti un nonnulla per colpire tanto intensamente la nostra sensibilità: le emozioni fugaci, la musica ascoltata in un'occasione particolare, le immagini osservate realmente o soltanto viste in sogno, hanno il potere di esercitare su di noi un fascino speciale, una sorta d ' incanto profondo e duraturo che difficilmente potremmo spiegare attraverso la razionalit