Louis Bromfield : Autunno

Q uando lo sguardo si posa per la prima volta sulla copertina di Autunno , dello scrittore americano Louis Bromfield , a catturare l'attenzione non sono né il titolo - di per sé piuttosto banale - né il nome dell'autore - ai più pressoché sconosciuto - bensì la graziosa illustrazione realizzata in origine da Pierre Brissaud per la rivista parigina La Gazette du Bon Ton , in cui sono ritratte alla perfezione tutte le sfumature della stagione autunnale: i caldi colori della natura che muta aspetto, il soffio sottile e persistente dei primi venti settembrini, e il palpabile velo di malinconia che pervade il periodo dell'anno in cui cadono le foglie, quasi a suggerire un'analogia - implicita eppure percettibilissima - con la vita che scorre inesorabile verso l'epoca della maturità , tra i rimpianti per un'esistenza ormai trascorsa e l'impossibilità di recuperare il tempo perso. D'altro canto è proprio così che andrebbe interpretato quell' Autunno -

Chi sono

   
Alice



“I knew who I was this morning, but I've changed a few times since then.”
 (Alice in Wonderland)


Quando ho iniziato a pensare a questo blog e agli argomenti che avrei voluto trattarvi, un fatto mi è stato subito chiarissimo: che ben poche cose al mondo sono più difficili del parlare di sé, ed è per questo che, nel mio caso, preferisco che a farlo per me sia ciò che scriverò.
Mi limiterò perciò, qui, a qualche notizia in merito.
La passione per la scrittura - ancor prima di quella per la lettura - mi accompagna fin da bambina, influenzata in parte dal desiderio di esprimere liberamente i miei pensieri, in parte dal bisogno di tradurre in parole i frutti della mia immaginazione.
Come molti bambini delle generazioni passate - decisamente più avvezzi all'uso della fantasia che a quello di uno smartphone o di una playstation - ho sempre trovato nella quotidianità una fonte inesauribile d'ispirazione: la mia immaginazione, infatti, non aveva bisogno di grandi stimoli per accendersi, anzi, a colpirmi maggiormente erano proprio le cose che di solito passano inosservate, come un nome sentito per caso in tv, una sagoma indefinita sullo sfondo di un quadro, o magari il volto espressivo di una statuetta che ad ogni Natale ritrovavo puntualmente nel presepe.
Crescendo non ho cambiato idea su questo punto: credo ancora che l'osservazione della realtà offra infiniti spunti su cui soffermarsi, e ritengo in particolare che per uno scrittore - e di conseguenza per chi ne legge le opere - non esista soggetto d'indagine più interessante e straordinario della stessa natura umana nelle sue molteplici espressioni.
Mi reputo una lettrice attenta, esigente, e naturalmente selettiva, a cui piace immedesimarsi nelle storie e mettersi nei panni dei personaggi, senza però rinunciare ad affrontare la lettura con spirito critico e, se è il caso, con un pizzico di sana ironia.
Ho da sempre una spiccata predilezione per i classici dell'Ottocento e d'inizio Novecento, specialmente inglesi e americani, di cui apprezzo la forma, lo stile di scrittura, le tematiche, e - non meno importante - la stupefacente attualità.
Credo infatti che avesse pienamente ragione Italo Calvino, quando affermava che
 “Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire.”
Ed è proprio sulla base di questa convinzione che ritengo che ogni libro, anche il più celebre ed acclamato, possa - e debba - essere liberamente commentato, discusso e, all'occorrenza, anche criticato.

Nutro una grande passione per gli scrittori vittoriani - due nomi tra tutti: Charles Dickens e Thomas Hardy - che, col tempo, si è tradotta in un profondo interesse per tutto ciò che concerne l'Età Vittoriana, in particolare quella sua anima contraddittoria dove il doppio standard morale e lo strenuo attaccamento alle tradizioni convivevano con l'inarrestabile spinta al progresso e con un'insospettabile modernità.
Considero la lettura uno strumento prezioso per comprendere più a fondo la realtà che ci circonda, per acquisire una maggior consapevolezza di noi stessi, e per provare - come diceva l'indimenticabile Atticus Finch ne Il buio oltre la siepe - a metterci nei panni degli altri e a riflettere un po'. 
Per questo prediligo i libri che oltre a raccontare una storia interessante, dedicano spazio all'approfondimento dei personaggi, dando modo al lettore di calarsi nella loro interiorità e di comprenderne a fondo i sentimenti e le motivazioni che li animano.

Il mio amore per la letteratura vittoriana si accompagna, inoltre, ad un'altra passione: quella per la Storia e per il passato in generale: una dimensione che mi affascina e che, da sempre, suscita in me grande curiosità.
Non è un caso, dunque, che anche in ambito cinematografico, tenda solitamente a preferire i vecchi film di una volta, quelli che ancora oggi si riguardano volentieri per la bravura degli interpreti, per la piacevolezza della narrazione, e per quel misto di naturale eleganza e di autentico buon gusto che, col passare degli anni, si è in buona parte perduto.
Il discorso vale anche per i così detti period drama, e in particolar modo per le trasposizioni sullo schermo dei miei romanzi preferiti, nei cui confronti, lo ammetto, sono sempre piuttosto pignola.
Ma non corriamo: di tutto ciò, e di molto altro ancora, avrò occasione di parlarvi a tempo debito...








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