Louis Bromfield : Autunno

Q uando lo sguardo si posa per la prima volta sulla copertina di Autunno , dello scrittore americano Louis Bromfield , a catturare l'attenzione non sono né il titolo - di per sé piuttosto banale - né il nome dell'autore - ai più pressoché sconosciuto - bensì la graziosa illustrazione realizzata in origine da Pierre Brissaud per la rivista parigina La Gazette du Bon Ton , in cui sono ritratte alla perfezione tutte le sfumature della stagione autunnale: i caldi colori della natura che muta aspetto, il soffio sottile e persistente dei primi venti settembrini, e il palpabile velo di malinconia che pervade il periodo dell'anno in cui cadono le foglie, quasi a suggerire un'analogia - implicita eppure percettibilissima - con la vita che scorre inesorabile verso l'epoca della maturità , tra i rimpianti per un'esistenza ormai trascorsa e l'impossibilità di recuperare il tempo perso. D'altro canto è proprio così che andrebbe interpretato quell' Autunno -

Riflessioni di un pomeriggio di metà Maggio...

È
 opinione comune che, per chi scrive, uno degli scogli maggiori sia rappresentato dall'incipit. Fino a che punto ciò sia vero lo sto realizzando proprio ora: in questo anomalo pomeriggio di metà maggio, in cui - con la mente che vaga stancamente tra mille idee - mi trovo seduta di fronte allo schermo, cancellando e riscrivendo per l'ennesima volta una frase che, per qualche oscuro motivo, non vuole proprio saperne di avere un senso!

Quando mi volto, anche solo per un attimo, verso la finestra, il mio sguardo si perde immediatamente oltre i tetti rossi delle case, verso le luci già accese in lontananza, e poi lassù, tra le nubi di questo cielo cupo, fino all'ultimo scorcio di orizzonte.
C'è un ospite inatteso, stasera, che attira la mia attenzione: è un gabbiano; se ne sta ritto, immobile, sul comignolo della chiesa... Come un flash, all'improvviso mi torna in mente una scena di qualche anno fa: un'altra città, un'altra chiesa, un altro gabbiano: una sera di marzo del 2013... il conclave riunito per l'elezione del Papa... gli occhi degli spettatori fissi sul comignolo della Cappella Sistina... ed un gabbiano - anche allora - che si posava disinvolto proprio su quel comignolo, inconsapevole di ciò che accadeva intorno a lui, indifferente alle vicende dell'umanità...
Ecco: ancora una volta mi sorprendo a fantasticare, persa tra i miei ricordi e le sensazioni tutt'ora vivide del passato: basta così poco per sollecitarle, soprattutto in serate come queste!




Se me l'avessero raccontato solo pochi mesi fa, che la primavera del 2020 ci avrebbe visto tutti confinati tra le mura domestiche, mentre il mondo all'esterno è alle prese con una pandemia globale, difficilmente ci avrei creduto: avrei pensato, piuttosto, alla trama inquietante di qualche improbabile film distopico.
E invece eccoci qui: improvvisamente obbligati a stravolgere le nostre abitudini, ciascuno chiamato a fare la sua parte, in questa strana quotidianità in cui la vita è come sospesa tra la consapevolezza di un presente surreale e l'incertezza di un futuro che appare ancora tanto, troppo lontano.
A rileggerlo ora, anche quel Nido delle Cornacchie che scelsi due anni fa come titolo del blog, ispirandomi alla dimora d'infanzia del mio amato David Copperfield, sembra assumere, tutt'a un tratto, una sfumatura nuova: una sfumatura che mi fa ripensare istintivamente a Giovanni Pascoli e a quella sua idea del nido come di un riparo dai mali del mondo, un luogo protetto in cui trovare conforto tra le nostre certezze, in tutto ciò che ci è caro, familiare, e che ci fa stare bene.
La lettura, per me - così come per molti altri - rientra senza dubbio in questa categoria: è parte di ciò che sono; un porto sicuro dove so di poter sempre fare ritorno; una specie di bacchetta magica in grado d'indicarmi la via d'accesso ad una dimensione più profonda, quando la realtà che mi circonda sembra non essere abbastanza.
Eppure, suonerà paradossale, ma quando sono alle prese con momenti particolarmente difficili, di solito evito di leggere: lo faccio per timore che poi, a distanza di tempo, il ricordo di un determinato libro resti indissolubilmente legato alle impressioni sgradevoli del periodo in cui l'ho letto.

Ci sono circostanze, però, in cui la vita sa metterci di fronte all'esigenza di lasciare da parte i nostri timori e le nostre manie, per tornare a godere pienamente dei tanti piccoli piaceri che la quotidianità, anche nei frangenti più bui, non smette di offrirci.
Così, ad un certo punto - in uno dei tanti strani pomeriggi fuori dal tempo di questa primavera - mi sono decisa ad abbandonare finalmente le mie riserve e a cercare rifugio, ancora una volta, tra le pagine di una bella storia, che mi ricordasse - perché mai come in quei momenti ne ho sentito il bisogno - il potere rigenerante della lettura e quel senso di ritrovata libertà, che solo l'esercizio spontaneo della nostra immaginazione può regalarci.

Sono tante le letture che mi hanno tenuto compagnia durante questi ultimi mesi: racconti, short stories, biografie, perfino alcuni vecchi, indimenticabili libri illustrati della mia primissima infanzia, magicamente ripescati dal baule dei ricordi; letture molto diverse tra loro: alcune soddisfacenti, altre tutto sommato trascurabili. Su queste ultime, ora come ora, credo non valga la pena di soffermarsi; delle prime spero invece di riuscire a parlarvi al più presto, magari in un post completamente dedicato ad esse.
Stasera, però, non è il momento di scrivere di libri: i miei pensieri sono altrove, al momento, e se c'è una cosa che ho imparato, in questo lungo periodo di pausa forzata, è che, talvolta, per dare il meglio in ciò che ci appassiona - e riuscire a comunicarlo agli altri - la cosa più saggia è semplicemente assecondare la nostra ispirazione e seguire l'istinto.
Pe oggi, quindi, mi fermo qui, mi allontano dal computer, dai miei appunti di lettura, e torno ad alcuni dei tranquilli passatempi a cui mi sono dedicata nell'ultimo periodo: come ascoltare della buona musica, fare quattro chiacchiere con le persone care, o magari, semplicemente, lasciar galoppare la fantasia mentre mi fermo a guardare il cielo e ad immaginare cosa mai passerà per la testa di un gabbiano solitario...

Arrivederci a prestissimo, e nel frattempo, mi raccomando, abbiate cura di voi!

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