Louis Bromfield : Autunno

Q uando lo sguardo si posa per la prima volta sulla copertina di Autunno , dello scrittore americano Louis Bromfield , a catturare l'attenzione non sono né il titolo - di per sé piuttosto banale - né il nome dell'autore - ai più pressoché sconosciuto - bensì la graziosa illustrazione realizzata in origine da Pierre Brissaud per la rivista parigina La Gazette du Bon Ton , in cui sono ritratte alla perfezione tutte le sfumature della stagione autunnale: i caldi colori della natura che muta aspetto, il soffio sottile e persistente dei primi venti settembrini, e il palpabile velo di malinconia che pervade il periodo dell'anno in cui cadono le foglie, quasi a suggerire un'analogia - implicita eppure percettibilissima - con la vita che scorre inesorabile verso l'epoca della maturità , tra i rimpianti per un'esistenza ormai trascorsa e l'impossibilità di recuperare il tempo perso. D'altro canto è proprio così che andrebbe interpretato quell' Autunno -

AA.VV. - Le stanze dei fantasmi

“Sento di poter dire con una certa tranquillità che a infettare ogni uomo sulla faccia della terra siano nient'altro che le sue paure.”

U
n'antica villa immersa nella campagna inglese, uno stuolo di (presunti) fantasmi che terrorizzano abitanti e servitù, ed un'impavida comitiva pronta ad affrontare gli spettrali inquilini della casa; il tutto nella classica cornice delle feste di fine anno: tradizionale momento di riflessione e, secondo l'uso anglosassone, d'inquietanti ed affascinanti storie gotiche.

Gli ingredienti per un avvincente racconto natalizio ci sono tutti; se poi a concepirlo è la penna geniale e imprevedibile di Charles Dickens, il successo è garantito!



Pubblicato originariamente nel 1859, sul periodico All the Year Round, Le stanze dei fantasmi (titolo originale: The haunted house) ha la particolarità di essere un'opera a più voci, in cui Dickens, negli inconsueti panni di regista, si avvale della collaborazione di uno speciale team di autori che vede schierati alcuni tra i suoi più stimati e fidati collaboratori.

Charles Dickens (1812-1870)
Troviamo così Wilkie Collins, celebre precursore del genere poliziesco; Elizabeth Gaskell, affermata autrice di romanzi a sfondo sociale e non solo; Adelaide Anne Procter, poetessa raffinata e amatissima dalla regina Vittoria, ed altre due personalità a noi meno note, ma non per questo meno rilevanti: Hesba Stretton - al secolo Sarah Smith - apprezzata autrice di libri per bambini, e George Augustus Sala, versatile giornalista e scrittore, assurto agli onori della cronaca, nel 1882, per aver pubblicato, con uno pseudonimo, un romanzo dal contenuto decisamente "audace" dal titolo The Mysteries of Verbena House.
Una squadra tanto eterogenea quanto ben assortita, che sotto la sapiente direzione del miglior Dickens, rivisita con un pizzico di sano umorismo gli archetipi del gotico, regalandoci un'opera originale in cui il gusto classico della narrativa vittoriana si declina secondo i generi allora più popolari: dal bucolico al picaresco, dal sentimentale al poliziesco, passando per il romanzo di formazione così caro al padre dell'opera.


Elizabeth Gaskell (1810-1865)
Scenario della vicenda è una misteriosa dimora poco distante da Londra, dove, secondo la gente del luogo, si aggirerebbero da tempo sinistre presenze. Quando l'ultimo di una lunga serie di oscuri fenomeni mette per l'ennesima volta in fuga i domestici, John e la sorella Patty, freschi proprietari della villa, decidono di fare a meno della servitù, e d'invitare invece un nutrito gruppo di parenti e amici, a tener loro compagnia fino alla conclusione delle festività natalizie.
Ciascuno dei presenti, a cui verrà assegnata una stanza, dovrà confrontarsi durante l'intera permanenza col presunto fantasma che infesta la sua camera, senza però svelare niente ai coinquilini, fino alla notte dell'Epifania, quando i membri della comitiva si riuniranno finalmente per narrarsi l'un l'altro le proprie esperienze.
Attenzione però: come i suoi affezionati lettori ben sanno, quando si tratta del buon Charles niente è mai ciò che sembra!
E così, quello che dalle premesse si direbbe un tipico romanzo gotico, si rivela piuttosto un brillante esperimento letterario di ben maggior spessore, in cui a farla da padrone non sono gli spiriti e le entità soprannaturali, bensì quei demoni molto più reali, e per questo tanto più temibili, che albergano silenziosamente nell'animo umano, tormentando senza requie chi, suo malgrado, ne è vittima.
Saranno infatti il peccato, la paura della morte, la perdita dell'innocenza, la malattia, e i sensi di colpa, i veri fantasmi che gli ospiti della villa dovranno affrontare nel corso di quel soggiorno che, a sorpresa, diventerà l'occasione per guardare dentro di sé, ed esorcizzare una volta per tutte i propri incubi, condividendoli nell'ultima notte delle Feste: quando - con chiara valenza simbolica - il dolore cederà il passo alla pace, e l'animo rinnovato verrà finalmente liberato dal male. 

Wilkie Collins (1824-1889)
Il romanzo, che sfrutta con abilità il noto espediente della storia nella storia, si articola - ad eccezione della parte introduttiva dal titolo I mortali della casa - in sette diversi racconti - tanti quante sono le stanze - affidati ognuno ad un diverso autore (ad eccezione di Dickens che, come padrone di casa, ne redige due), e presentati dalla voce narrante dei singoli personaggi, che nella loro eterogeneità richiamano le tante differenze tra gli stessi scrittori.
Le stanze dei fantasmi, dunque, non è una raccolta di racconti, come potrebbe sembrare a prima vista, ma un'opera unitaria di cui i vari racconti costituiscono i vari tasselli rispecchiando ciascuno la personalità, lo stile, e la sensibilità del proprio creatore.
Se il primo racconto, una classica storia d'amore uscita dalla penna della Stretton, si distingue per la prosa limpida e fluente, il successivo, di stampo romantico-avventuroso, incarna invece le peculiarità del più diretto Sala, spiccando per la scrittura asciutta ed il ritmo incalzante.
Hesba Stretton (1832-1911)
Troviamo poi i versi delicati di Adelaide A. Procter - all'epoca fresca di conversione al cattolicesimo - che nel loro misticismo, risultano efficacissimi nell'evocare la grandezza della fede, in una sofferta storia di seduzione, peccato e redenzione, in linea con la più classica tradizione vittoriana.
Perfettamente riusciti anche i lavori di Collins, impegnato in un trepidante noir dall'ambientazione marittima sullo sfondo delle colonie spagnole, e di Dickens, che attingendo al suo più fortunato repertorio, si dedica ad un sentito racconto incentrato sulla figura di un bambino, in cui riecheggiano nitidamente memorie del celebre David Copperfield.
L'ultimo componimento è invece quello affidato ad Elizabeth Gaskell: una toccante storia bucolica imperniata sul dramma di una modesta famiglia alle prese con un figlio ingrato, in cui, in perfetto stile "social novel", non viene risparmiata una stoccata alla crudele indifferenza della Giustizia inglese verso l'essere umano. Il racconto, basato su un'idea interessante e dagli intenti lodevoli, ha confermato la mia opinione che la Gaskell dia il meglio nella narrazione breve; peccato solo per il sentimentalismo (a mio avviso un tantino eccessivo) che permea la narrazione, e per l'occasionale tendenza dell'autrice a dilungarsi oltre il necessario.

George Augustus Sala (1828-1895)
La conclusione dell'opera, così come l'introduzione, vede finalmente il ritorno di Charles Dickens, e chiude il romanzo con un gioioso finale in cui egli si congeda dai lettori rivolgendo loro un messaggio di speranza e un bell'augurio natalizio sempre attuale e condivisibile:

“Facciamo uso della virtù più grande, la Fede, ma non abusiamone; e utilizziamola nel migliore dei modi avendo fede nel grande libro di Natale che è il Nuovo Testamento, e credendo gli uni negli altri.”


Avevo letto in passato alcuni stralci di quest'opera, precisamente dei brani composti da Dickens, nell'ambito di una breve e confusionaria raccolta pubblicata da L'Unità, nella collana Illusioni & Fantasmi, dal titolo La casa dei fantasmi, in cui non si faceva alcuna menzione dell'origine degli scritti, né dell'esistenza di un'opera entro cui essi erano stati concepiti; inutile dire che, leggendoli, ne ero restata alquanto perplessa.
Adelaide A. Procter (1825-1864)
Leggere questo libro, al contrario, si è rivelata un'esperienza piacevolissima e soddisfacente, grazie a cui ho avuto modo di conoscere ottimi esponenti della scena letteraria vittoriana che, a dispetto dell'indiscutibile bravura, risultavano ai giorni nostri ingiustamente ignoti.
Il vero trionfatore, però, è superfluo dirlo, resta il grande Charles!
In questo romanzo, come del resto in ogni sua fatica, Dickens dà prova di quella singolare genialità che gli consente di sperimentare, far riflettere, e divertire, appagando tanto il gusto degli addetti ai lavori, quanto quello dei pubblico: una capacità che pochi altri possono vantare.
Il suo punto di forza - l'ironia innata e spassosa che ne contraddistingue le opere - emerge con forza anche ne Le stanze dei fantasmi, dando vita ad alcuni siparietti memorabili: come la scena iniziale sul treno, dove il protagonista s'imbatte in uno strambo passeggero che di punto in bianco comincia ad enumerare gli spiriti (ben centoventiquattro!) a suo dire intenti ad infestare lo scompartimento, snocciolando - ciliegina sulla torta - improbabili proverbi e perle di saggezza.

Un plauso speciale, infine, alla bravissima Stella Sacchinia cui va il merito di aver riportato alla luce questa piccola perla dimenticata, di cui ha inoltre curato, con dedizione e scrupolosità, l'ottima traduzione, la prefazione e la postfazione, nonché il ricco ed interessantissimo apparato di note esplicative di cui è corredata questa splendida edizione proposta dalla Del Vecchio, curatissima sia a livello grafico che letterario. Un vero gioiellino.

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